È arrivato il momento di affrontare in maniera sistemica il fattore quorum nei referendum e rispondere a tre domande fondamentali: perché esiste, perché non può non esistere e se è giusto o meno non andare a votare.

Partiamo dalla Costituzione

L’art. 75, comma 4 della Costituzione stabilisce che:

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi

Il problema sta tutto lì, nella partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto.

La desertificazione dei seggi elettorali

Altrettanto problematico è stato approdare a questa soglia, con l’Assemblea costituente che ha impiegato diversi mesi per arrivarci. Andiamo con ordine.

Perché esiste?

Nei lavori preparatori della II Sottocommissione della Costituente, la proposta originaria intorno al referendum è quella dell’onorevole Mortati e prevede solo due soglie: un quorum per la richiesta e un quorum di approvazione. Come potete vedere, nella proposta originaria, il quorum di partecipazione è assente. Sopraggiunge però con la proposta di Fabbri: bisogna tener conto di coloro che si astengono dalla votazione. 

È nella proposta Fabbri – e nelle successive discussioni sulla necessità e sulla fissazione di questa soglia – che è possibile cogliere l’importanza del quorum

Una delle prime sedute dell'Assemblea costituente

Il testo che arriva in Assemblea prevede un quorum dei due quinti degli aventi diritto (il 40%). Emerge, a questo punto, un gruppo di costituenti che ritengono tale soglia gravemente bassa: secondo l’on. Rossi, siccome dal 40% andrebbe sottratto un 4-5% di schede nulle, una legge approvata con una buona maggioranza parlamentare potrebbe essere abrogata con il 16% o il 15% degli elettori. Il che sarebbe un fatto gravissimo e, perciò, propone di elevare il quorum ai ⅗ degli aventi diritto (il 60%).

Alla fine, grazie all’intervento dell’on. Perassi che chiedeva moderazione, l’Assemblea costituente, il 16 ottobre 1947, approva l’elevazione del quorum alla maggioranza degli aventi diritto (l’attuale 50% + 1). 

Perché non può non esistere?

A questo punto, le discussioni in Assemblea – a cui vi rimando con questo link ma vi avviso che c’è tanto da leggere – dovrebbero aver reso ben chiara la necessità di un quorum.

Se avete dubbi consultatela

È un problema di tenuta democratica e, in questo senso, una soglia minima di validità del referendum rappresenta un principio democratico ineliminabile. 

Quello che intendo dire è che, sebbene possa essere estenuante vedere proposte referendarie importanti vanificate per la mancata partecipazione degli elettori, bisogna guardare e immaginare lo scenario opposto: cosa ne sarebbe delle leggi che abbiamo a cuore se fosse possibile abrogarle con la volontà di pochi milioni di elettori?

E' giusto non andare a votare?

Veniamo al punto cruciale della questione, a quella che Umberto Eco definirebbe la “vexata quaestio”: nei referendum abrogativi è giusto o meno non andare a votare?

Votare è un diritto ma anche un dovere civico da questo non si sfugge – riconosciuto e garantito dall’art. 48 della Costituzione. Tuttavia, ogni volta che c’è un referendum abrogativo pullulano gli inviti ad andare al mare piuttosto che andare a votare. Craxi, Pannella, Bossi, Renzi e recentemente esponenti del Governo, hanno tutti proposto l’astensione come mezzo per contrastare le iniziative referendarie. Ma se il voto è un dovere civico, tutto questo è normale?

Bettino Craxi versione spiaggia

Nei due paragrafi precedenti abbiamo visto perché il quorum esiste, perché non può essere eliminato e l’abbiamo definito un fatto di tenuta democratica. Ora però dobbiamo riconoscere che, allo stato attuale, il quorum è inevitabilmente uno strumento di controllo politico

Insomma, mettendo l’etica da parte, è legittimo non andare a votare per non far passare il referendum? Direi di sì. Forse non è corretto, magari non è giusto ma sicuramente è legittimo. E in un diritto che deve essere separato dalla morale, l’essere legittimo è più che sufficiente.

Alternative più utili delle discussioni sul quorum

Posta questa legittimità dell’astensione, si può fare qualcosa per invogliare la gente a votare? 

Il problema, alla fine, è sempre un problema educativo. Se si vuole veramente che il quorum non sia un problema, più che perdere tempo a puntare il dito verso chi invita a non votare, bisognerebbe spendere tempo e risorse per informare ed educare al voto quella fetta di popolazione che non andrà a votare non perché mal consigliata bensì perché ignara del contenuto stesso del referendum.

Forza Valditara, facci sto regalo!

E’ un problema di educazione perché, e trovate una riflessione sul tema in un recente articolo su Collacultura, con il passare degli anni l’interesse alla vita pubblica e ai grandi temi della Repubblica è sceso drasticamente. E l’esempio più importante è il 20% di affluenza al referendum sulla giustizia del 2022. 

In parole povere: il quorum si può raggiungere parlando dei referendum. Più che criticare le scelte degli altri è meglio spiegare le proprie posizioni, smuovendo soprattutto gli indecisi. 

Se poi volete approfondire la questione dei referendum dell’8-9 giugno, rimando al nostro carosello su Instagram

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