Erano (più o meno) queste le parole che cantava Damiano (non più dei Måneskin) sul palco dell’Ariston nel febbraio 2021… Oggi, 16 marzo, ricorre l’anniversario del rapimento di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana.
Chi era Aldo Moro?
Aldo Moro è letteralmente una delle figure più rilevanti della storia dell’Italia contemporanea, probabilmente lo conosci per tutti i meme di lui in un bagagliaio di una Renault 4 rossa. Ma questo è solo l’epilogo di una storia molto più lunga, che inizia all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale.
Aldo nasce nelle Puglie (quando ancora si scriveva al plurale) e cresce tra la fede e l’associazionismo cattolico, proprio negli anni in cui l’Italia si preparava ad accogliere il pelatone. Aldo muove i suoi primi passi in questo contesto e sarà proprio lui uno dei padri fondatori della nostra democrazia.

Terminato il periodo delle parate a Roma e dei conseguenti bombardamenti, Aldo, in prima linea con altre grandi personalità dello scorso secolo – successivamente indagate per Tangentopoli – si dedicò alla ricostruzione del paese.
Fu presidente del Consiglio per cinque volte, si fece conoscere molto bene come ministro degli Affari Esteri, grande stratega e promotore del “centro-sinistra”: quando il nostro paese sembrava essere nuovamente sull’orlo di una crisi politica, Aldo si rese conto che bisognava cominciare a dialogare prima con i socialisti e, successivamente, con i compagni comunisti.

Ma quindi... questi anni '70?
Gli anni ’70 sono stati anni sicuramente molto frizzanti: il periodo dei pantaloni a zampa d’elefante, i capelloni e il baffetto da pornodivo hanno sicuramente avuto un certo fascino nell’immaginario collettivo, tanto che quella tua amica ancora ci prova a vestirsi come se stesse andando a buttare molotov sulle camionette della polizia… (quell’amica sono io).

Oltre che frizzanti, gli anni ’70 sono stati molto incerti: i governi non restavano in carica per molto tempo, è durato più Amadeus a Sanremo che Andreotti al Governo. Nonostante l’instabilità politica, tuttavia, furono portate a termine grandissime riforme in questo periodo legate al welfare, ai diritti civili e ai diritti dei lavoratori.
E mentre i governi tentavano di migliorare la vita del Paese e dei cittadini, per le città infuriava la violenza, di matrice sia rossa (comunista) che nera (fascista). Basti pensare che, nella notte del’8 dicembre 1970, ci fu un tentativo di colpo di stato, che (per fortuna) abortì.

Le... Brave Ragazze?
In questo contesto magnificamente poco stabile tre giovani decisero di fondare un gruppetto basato sull’amicizia, i rapimenti e la lotta armata: le Brigate Rosse. Ovviamente, in quel periodo non erano gli unici, però, le BR furono il gruppo che più fu in grado di conservarsi ed evolversi.
Questi giovani erano davvero convinti che ammazzando (o gambizzando, termine che entra proprio a far parte del vocabolario “politico” e giornalistico in questo periodo) potevano distruggere lo Stato e ricostruirlo in maniera più equa. Il loro interesse era quello di colpire il cuore dello Stato sfruttando la violenza come strumento “salvifico”.

Se agli inizi degli anni ’70 le BR potevano ancora essere considerate degli “agnellini”, nel 1976 qualcosa comincia a cambiare. Si parla della svolta “militarista” che assume il gruppo, che avviene grazie a Mario Moretti, un uomo con dei bei baffi oggettivamente.

Ma a questo punto vi starete chiedendo che cosa c’entra Moro con le Brigate Rosse? Beh, è abbastanza semplice. Più su abbiamo detto che Moro aveva intenzione di cominciare a dialogare con i comunisti, accogliendo i cambiamenti che intanto stavano avvenendo nel paese. Tra l’altro poi il PCI era un partito che raccoglieva molti consensi, così come la DC. Ora, Moro, che non era per nulla scemo, si era accorto di questa cosa e quindi voleva creare un accordo: il compromesso storico.
Il compromesso storico
Dopo anni passati ad immaginare la rivoluzione ci si trovò davanti Enrico Berlinguer, leader carismatico del PCI, che non voleva imbracciare i fucili e lottare, ma voleva raggiungere il governo con un processo istituzionale. Dunque, anch’egli immaginò di intessere un dialogo con i democristiani, per superare quella cosa che veniva chiamata la conventio ad excludendum: (non è un incantesimo) ovvero tutti possono governare tranne il PCI.

Questa cosa era inaccettabile agli occhi delle BR, che quindi decisero di rapire il fautore del compromesso storico: Aldo Moro. E quindi, mentre si recava in Parlamento per dare fiducia al governo Andreotti, il 16 marzo 1978, fu rapito da un commando delle BR in via Fani.
La prigionia
Il povero democristiano fu rapito e trattenuto per 55 giorni. Il paese cadde in subbuglio: il Papa richiese che venisse rilasciato durante l’Angelus della domenica; gli italiani avevano paura di ciò che sarebbe potuto accadere; ci fu una mobilitazione da parte del governo per cercare di far liberare il prigioniero senza però assecondare i terroristi. La lunga notte della Repubblica era iniziata.

Insomma, un vero macello. Addirittura, intervenne il segretario delle Nazioni Unite e il Presidente dell’ONU per tentare di salvare Moro. In questi momenti così tragici e oscuri della storia del paese però, ci fu chi riuscì a trovare il tempo per fare una seduta spiritica per cercare di ritrovare l’onorevole… ma questa è una storia a sé.
Tutto lo sforzo, però, fu inutile. Il cadavere dell’onorevole fu ritrovato in via Caetani, senza vita, nel portabagagli di una Renault 4 rossa. Il volto del paese cambiò definitivamente. Le BR conclusero il processo di dialogo tra i due grandi partiti, accelerarono la loro fine e lo Stato si irrigidì ancora di più nei confronti dei comunisti.

E ora, scusate, ma devo mangiare il dolce preferito delle BR. (questa era pessima scusate).

Fonti:
- G. Formigoni, Aldo Moro. Lo statista e il suo dramma, il Mulino, 2016.
- U. Gentiloni Silveri, Storia dell’Italia contemporanea 1943 – 2019, il Mulino, 2019.
- M. Tolomelli, Terrorismo e società, il Mulino, 2007.
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