Il Carnevale è molto più di una festa, il Carnevale è il mondo che perde se stesso per meglio ritrovarsi.

Vade retro chiacchiera.

Qualora, in preda ai sensi di colpa per aver apprezzato le performance di Franco Trentalance, ti venisse in mente di cercare su Google la parola esorcismo troverai questa definizione: Scongiuro inteso a liberare da una forza occulta e malefica, praticato secondo la formula specifica di un rito.

Parliamoci chiaro, il male esiste, e non coincide per forza con enormi tragedie, anzi spesso è alquanto banale. Così non fosse non saresti nervoso e ansioso per un esame all’università, per il tuo ragazzo che va a ballare da solo a Ibiza, o per aver investito troppi soldi non tuoi in quella partita di “zucchero a velo rosa boliviano” affondata in una nave cargo nel mezzo dell’oceano Atlantico.

Ma in termini fenomenologici che cos’è il male? Il male è l’incapacità di agire consciamente e integralmente nel mondo, cadendo vittima dell’imprevedibilità del reale, la quale ci lancia in uno stato di angoscia dettato dal nostro sentimento di impotenza. Così di fronte a forze imprevedibili e distruttive, come Morgan all’Ariston, non ci resta che un ritualizzato scongiuro, un’irrazionale ma non insensata perdita della consapevolezza di noi in noi stessi, una follia momentanea, innescata da input rituali, che cancella il male. 

Ecco allora che si comprende quale è la vera natura del Carnevale, festa folle e grottesca quanto un festino a casa di Lele Mora: il Carnevale è un esorcismo cosmico, una follia generale socialmente accettata e cronologicamente limitata, finalizzato allo scongiuro.

La dimensione orrorifica del carnevale si può ritrovare anche nella figura di Pulcinella, le cui vesti bianche sono chiaro riferimento al mondo dei morti.

Il Carnevale è grottesco.

Il pilastro del modus operandi del Carnevale è la comicità grottesca, sia in ottica estetica che morale. Corpi deformi, facce amorfe, scherzi che quotidianamente potremmo ritenere di cattivissimo gusto, sono l’espressione del ribaltamento dell’ordine cosmico: il reale implode nell’irreale, portando a dinamiche assurde, ma socialmente ritenute accettate, poiché inscritte in un determinato lasso cronologico. Una volta l’anno è lecito essere folli, tanto nella morale quanto nell’estetica. 

Il senso di questa categoria estetica va trovato nella necessità di ribaltare la società e il suo ordine costituito, enfatizzandone i paradossi. In poche parole la bizzarria carnascialesca, istituisce una realtà diversa: ciò che ha senso a Carnevale non ha senso nella vita di tutti i giorni.

Ma molto spesso nel Carnevale ci si ritrova davanti a espressioni comiche che prendono spunto dalla realtà, proprio perché la realtà ha dei toni così surreali e agghiaccianti da trovar senso compiuto solo ed esclusivamente in dinamiche non quotidiane, di straordinaria e comica violenza.

Un esempio pratico: mettiamo il caso che un anziano contadino pugliese, più precisamente di Avetrana, si ritrovi in un caso di cronaca nera, accusato di aver abusato di sua nipote, di averla assassinata, e poi di averne occultato il cadavere, diventando poi un personaggio di dominio pubblico. La bizzarria della realtà è tale da trovare un proprio senso anche nel ribaltamento del ragionevole ordine costituito, e così decidi di vestire tuo figlio da Michele Misseri (non scherzo, c’è davvero chi l’ha messo in vendita, guardate la foto).

Perchè vestire tuo figlio o il tuo fratellino da super eroe quando lo puoi vestire da super zio. Riassunta in un'immagine tutta la natura grottesca della festa carnevalesca.

Qual è il senso del carnevale oggi?

In un mondo globalizzato e tecnologico spesso il Carnevale potrebbe apparire come un’inutile trita e ritrita usanza d’antico regime. Effettivamente, in società prevalentemente agricole in cui la modernità era ancora in netto ritardo si riscontrano pratiche rituali molto estroverse.

Goethe, ad esempio, ci descrive il carnevale romano del XVIII secolo come un vero e proprio delirio socialmente accettato, finanche dai papi. Se la realtà quotidiana coeva può effettivamente sembrare grottesca, pensando ad esempio a orde di tiktoker napoletani pronti ad invadere le candide cime abruzzesi, si pensi alle brutture e alle dinamiche assurde a cui erano soggetti gli uomini occidentali del passato.

Esempio: moltissime sono le testimonianze di rappresentazioni carnevalesche di parti orribili e ripugnanti. Il parto – che è un’esperienza piacevole come mangiare in una steakhouse con Jeffrey Dahmer come chef –  era ed è tutt’oggi un evento estremamente traumatico, tanto per le donne quanto per i padri dei nascituri, e le immagini a cui si assistevano non erano certo cartoline. La potenziale dimensione traumatica di tali eventi veniva edulcorata in divertenti moine improponibili.

Il Carnevale rinnova il cosmo e le sue gerarchie con un atto di violenza socialmente accettato, la risata, ricordandoci quanto l’esistenza sia qualcosa di molto terreno, perché in fin dei conti, anche Elon Musk utilizza carta igienica.

Lui è Michail Michajlovič Bachtin critico letterario russo che si è messo ad analizzare tutto sto macello del Carnevale partendo dalla letteratura comica grottesca.

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