Ci sono vari modi per affrontare una rottura: piangersi addosso, stalkerare la propria vecchia fiamma pure su Linkedin, andare avanti senza problemi, darsi alla bella vita per poi tornare disperati al punto di partenza…oppure creare una bambola che riproduca la persona amata. Questa è la storia di Oskar Kokoschka.
Pittore austriaco tra i massimi esponenti dell’Espressionismo, il giovane Kokoschka visse una storia d’amore tanto intensa quanto tormentata con Alma Mahler, celebre vedova del compositore Gustav Mahler e affascinante musa dell’epoca. Artista e pittrice, Alma era nota per il suo spirito libero e la sua abitudine a cambiare frequentemente partner, un “don Giovanni” al femminile insomma.

Un giovane artista tra scandalo e critiche
Kokoschka, ancora giovane ed emergente, fu spesso criticato e considerato uno scandalo vivente per la sua arte audace e innovativa. Le sue figure erano distorte, tormentate, spesso dipinte con un’intensità emotiva che sembrava più uno svisceramento psicologico che un ritratto.
Questo approccio, fortemente innovativo, lo rese inviso alla critica e al pubblico conservatore, che lo considerava poco più di un selvaggio con un pennello.
Kokoschka, da parte sua, colse al volo l’occasione per consolidare la sua reputazione di “gran selvaggio” della scena artistica viennese. Per dimostrare quanto fosse messo alla gogna, decise di autoproclamarsi vittima con una trovata scenica niente male: si rasò i capelli a zero, assumendo l’aspetto di un criminale appena condannato, o di uno che aveva perso una scommessa particolarmente sfortunata.

Tuttavia, due importanti figure sostennero il suo talento: Gustav Klimt, che apprezzò la sua opera al punto che Oskar gli dedicò I ragazzi sognanti, e Adolf Loos, celebre architetto viennese. Loos, noto per la sobria eleganza della sua casa in Michaelerplatz e gli interni del Cafè Museum, fu un fervente promotore della sua pittura, definita capace di mettere a nudo l’anima dei soggetti ritratti. Grazie a Loos, Kokoschka entrò nel circolo culturale viennese frequentato da Peter Altenberg, Karl Kraus, Arnold Schönberg e Anton von Webern, ma il mercato non era ancora pronto per il suo stile: i suoi quadri erano pressoché invendibili.

Questa difficoltà di affermazione accomuna Kokoschka ai suoi predecessori impressionisti. Oggi, quadri di Monet o Renoir valgono fortune, ma all’epoca i loro autori erano considerati dei pazzi che dipingevano macchie indistinte di colore, il che dimostra quanto il mercato dell’arte sia, a volte, miope e capriccioso.
Kokoschka e Alma
Kokoschka e Alma si conobbero nel 1912, e da quel momento l’artista realizzò vari ritratti della sua amata. La passione tra tra i due Mahler durò circa due anni, finendo per deteriorarsi a causa – pare – della gelosia dell’artista.
Sul finire della relazione, Alma promise all’artista che l’avrebbe sposato una volta finito il suo capolavoro. In questo contesto nasce uno dei suoi dipinti più belli, La sposa del vento.
La sposa del vento o La tempesta (che trascinò via l’amore)
L’impasto cromatico di La sposa del vento è freddo e cupo, steso con la stessa foga che Oskar Kokoschka metteva in tutto: nella pittura, nell’amore e nelle crisi di gelosia. Al centro del dipinto, Alma Mahler dorme serena, ignara del fatto che il suo compagno, invece di riposare, sta fissando il soffitto e coltivando pensieri ossessivi. Il fantasma di Gustav Mahler, ex marito ingombrante anche da morto, aleggia nella stanza (o almeno nella mente di Oskar), gettandolo in un delirio di gelosia, rabbia e insicurezza.
Tutto intorno a loro si trasforma in un turbine di emozioni incontrollabili, tanto che persino le lenzuola sembrano contorcersi in preda a un’ansia esistenziale. Lui già sa che finirà male, lei ancora si illude che un po’ di pazienza possa placare i demoni del pittore.

Alma, con la sua proverbiale tranquillità, resta, lei accetta, con quella rassegnazione tipica di chi spera che certe fissazioni prima o poi svaniscano. Peccato che non sia questo il caso.
Poi, un giorno, Alma esce per una passeggiata e, con una mossa degna di un prestigiatore, non torna mai più. Kokoschka, devastato dall’abbandono, sublima il dolore in arte e dipinge La sposa del vento: un’opera che è insieme un grido d’amore, un atto di disperazione e, probabilmente, l’unico modo che gli resta per convincere Alma a ripensarci. (Spoiler: non ha funzionato).
Un amore che si spezza al fronte
La guerra segnò il destino della loro relazione. Chiamato a combattere sul fronte della Prima Guerra Mondiale, l’artista si allontanò dalla sua amata e, nel frattempo, Alma si invaghì di Walter Gropius, celebre architetto tedesco e futuro fondatore del Bauhaus. Insomma, si sanno i casini che causa la distanza… Kokoschka tentò disperatamente di riconquistarla, ma la donna, stanca e disinteressata, rifiutò ogni suo tentativo.
Ferito gravemente in battaglia e costretto a una lunga convalescenza, il pittore non riusciva a dimenticare Alma e, soprattutto, la sensazione della sua pelle, morbida e setosa. Così, in un gesto ai limiti dell’ossessione (o della genialità, dipende dai punti di vista), commissionò all’artigiana Hermine Moos una bambola a grandezza naturale che riproducesse le fattezze della donna amata nei minimi dettagli, davvero minimi. La bambola doveva essere snodabile e rivestita interamente di morbido peluche, per restituire la sensazione tattile della pelle di Alma.

La bambola assassina( a ruoli “invertiti”)
Kokoschka trattò la bambola come una vera compagna: la portava con sé ai balli e alle feste, la ritraeva nei suoi quadri, come Donna in Blu, e persino la faceva trasportare in carrozza per le strade di Vienna, suscitando curiosità e scalpore. A questo punto, il confine tra amore e farsa si fece sempre più labile, con la città divisa tra chi lo considerava un artista visionario e chi, più semplicemente, un eccentrico con troppo tempo libero.

Ma la follia d’amore ebbe un epilogo drammatico (e vagamente comico). Una sera, probabilmente ubriaco e preda di un attacco di gelosia, sì, avete capito bene, geloso di una bambola, Kokoschka la distrusse con violenza, facendola a pezzi e gettandola nel giardino di casa propria.
Quell’amore ossessivo, che aveva segnato profondamente la sua vita e la sua arte, si concluse in un atto tanto teatrale quanto grottesco. Se non altro, Kokoschka dimostrò che l’arte e l’amore condividono un tratto comune: entrambi sanno essere meravigliosamente folli.
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