Quante volte ti sei trovato davanti a un’opera d’arte contemporanea e hai pensato: “Questo potrei farlo anch’io”? Probabilmente parecchie. Magari osservando un quadro monocromo, un’installazione minimalista o una scultura fatta di oggetti comuni, come una sedia, una bottiglia o un vecchio elettrodomestico. Eppure, mentre tu rimani perplesso e magari anche un po’ incredulo, il critico accanto a te annuisce compiaciuto, dicendo che quell’opera “interroga i confini dell’esistenza” o “sovverte i canoni dell’estetica tradizionale”. Ma cosa rende queste opere così speciali? E perché il fatto che siano “facili” da riprodurre non sembra contare?

È vero: l’arte contemporanea non è un’arte tecnica. A vedere un quadro di Caravaggio ne riconosciamo la bravura principalmente perché un comune mortale non saprebbe replicarlo. Se vediamo le tele blu di Klein o i tagli di Fontana, invece, ci risulta semplice credere di poterli replicare: da qui nasce il pregiudizio secondo cui “vera arte = arte difficile”. Un bravo calciatore viene stimato per le sue qualità uniche, un bravo pasticcere fa dolci complessi e difficilissimi da rifare a casa: perché questo non dovrebbe valere con l’arte? 

La risposta è apparentemente semplice: nell’arte contemporanea conta il concetto. Certo, il disegno e la pittura richiedono abilità, ma per l’artista contemporaneo la tecnica può anche essere secondaria o del tutto assente. Nell’arte classica, la maestria era legata alla capacità di riprodurre la realtà con precisione… Poveri stolti, in fondo a cosa serve una mano ferma o una palette ben assortita quando puoi semplicemente appoggiare il pennello su un tavolo e invitare tutti ad ammirarlo? 

L'iconica banana di Cattelan.

Oggi, infatti, molti artisti scelgono di provocare, sfidare il pubblico e mettere in discussione l’idea stessa di cosa sia l’arte. Dall’orinatoio di Marcel Duchamp, elevato a “scultura” col titolo Fontana, all’iconica banana di Maurizio Cattelan attaccata al muro con del semplice nastro adesivo, ogni oggetto può diventare arte, basta avere il giusto contesto e, soprattutto, il coraggio di dichiararlo.

Da allora, i musei si sono riempiti di opere del genere, se il pubblico ci permette di chiamarle così. Prendi una tela bianca: non è lì per pigrizia dell’artista, ma perché rappresenta il vuoto, la possibilità, il nulla che si fa arte. Anche se, ammettiamolo, a volte non possiamo fare a meno di pensare che il nulla lo avremmo fatto bene anche noi.

Anche tu potevi farlo (ma non l’hai fatto)

Dunque, possiamo davvero “fare anche noi” l’arte contemporanea? La risposta è no.

Perché, mentre noi in un cumulo di sabbia vediamo al massimo i mozziconi di sigarette degli incivili, l’artista ci vede l’occasione per sviluppare una riflessione sulla fragilità della vita o sulla condizione precaria dell’uomo. E non serve nemmeno che noi capiamo tutto questo: è sufficiente che ci interroghiamo, che ci innervosiamo o rimaniamo stupiti, che mettiamo in dubbio la nostra idea di arte.

L’arte contemporanea vuole confonderti e farti dubitare. La suddetta tela bianca non è solo “un quadro che potevi fare anche tu”, ma una riflessione sul vuoto, sul potenziale inesplorato o su una precisa critica alla pittura tradizionale. È come se l’artista stesse giocando un po’ con noi, mettendo alla prova i nostri limiti di “comprensione” e la nostra pazienza. 

I "tagli" di Fontana sono opere in realtà molto complesse, ma spesso criticate per la loro apparente semplicità. Si potrebbe scrivere un articolo.

Damien Hirst – The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living

Nelle gallerie d’arte britanniche, Damien Hirst è colui che ha reso la morte più popolare dell’amore. Nato a Bristol nel 1965, è emerso come un tornado nel mondo dell’arte alla fine degli anni ‘80 con i Young British Artists (YBA), un collettivo noto per opere audaci e scandalose. Nel 1988 ha curato la mostra “Freeze”, che non solo ha lanciato le carriere di molti YBA, ma ha anche segnato un punto di non ritorno per l’arte britannica, ormai appassionata di formaldeide e provocazioni.

Da allora, Hirst non ha solo creato opere, ma anche nuovi modi di vendere l’arte: ha infatti scelto di bypassare le gallerie e portare i suoi lavori direttamente all’asta, ricordandoci che è sempre bene eliminare gli intermediari… soprattutto se si può guadagnare qualche milione in più. La sua capacità di creare opere che polarizzano l’opinione pubblica e suscitano dibattito, insieme al suo intuito per il mercato, lo rende uno degli artisti più influenti e controversi del nostro tempo.

Hirs si impegnò nella cosiddetta shock art, un tipo d’arte che punta a provocare reazioni intense nel pubblico attraverso l’uso di immagini o materiali scioccanti, esplorando temi come morte, violenza e religione per sfidare le convenzioni sociali e morali. Hirst è uno degli artisti più rappresentativi di questa forma d’arte, noto per opere che affrontano in modo diretto la fragilità della vita e la paura della morte. L’artista invita gli spettatori a confrontarsi con la mortalità e altre tematiche scomode, rendendolo uno degli esponenti più controversi e influenti della shock art.

Ha preso uno squalo di quattro metri, lo ha messo in una vasca di formaldeide e lo ha chiamato “L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo”. C’è chi ci vede un messaggio esistenziale sul confronto tra vita e morte, chi invece un’installazione che può esistere solo grazie a un conto in banca sostanzioso. In fondo, non tutti possono permettersi uno squalo sotto formalina… ma Hirst ha avuto il merito di fare della “shock art” una nuova frontiera artistica.

L'ultimo squalo da sbloccare su Hungry Shark Evolution

Oltre al danno pure la beffa 

L’ironia è che proprio il pubblico, con la sua perplessità e il suo scetticismo, diventa parte integrante di queste opere. Se sei davanti a una banana attaccata al muro (sì, sempre quella di Maurizio Cattelan), e ti chiedi come un frutto possa valere migliaia di euro, sappi che la tua stessa reazione è parte del gioco. Chiunque può attaccare una banana al muro, certo, ma solo un artista può convincerti a vederci un’opera.

L’arte contemporanea, quindi, non richiede solo mano ferma o grande abilità con i materiali. Richiede una mente acuta, in grado di ribaltare i canoni e sfidare il senso comune. Non potresti farla anche tu, perché non è questione di manualità, ma di visione. È arte per chi ha il coraggio di dichiararla tale e di trovare qualcuno che sia disposto a crederci. E mentre noi ci domandiamo se valga davvero il prezzo del biglietto, l’artista ha già vinto.

Fonti

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